sabato 28 giugno 2014

PIADINA CON TACCHINO, BRIE, PATÉ DI OLIVE TAGGIASCHE E VALERIANA


Non c’è niente da fare. Nella mia testa la piadina deve avere un ripieno semplice, saporito, formaggioso e filante e con delle foglioline verdi. Insomma, non riesco a discostarmi dal classico ripieno, quello che preferisco in assoluto, fatto di prosciutto crudo, scquacquerone e rucola.

Il che non significa che non sia rimasta comunque a bocca aperta per l’ammirazione assoluta davanti alle piadine dai ripieni meravigliosi che sono state ideate in questo mese per l’Mtchallenge n.40 di Tiziana del blog L’ombelico di Venere. Una più bella dell’altra.

E non potevo proporre una seconda variante di piadina senza fare un cenno a quella che per noi ormai, negli ultimi anni, è diventata meta di sosta e riposo durante i nostri lunghi viaggi estivi verso sud, ovvero Santarcangelo di Romagna. Arriviamo alla sera, stremati dopo l’ennesima giornata lavorativa di un lunghissimo anno e ripartiamo la mattina dopo, che mancano ancora 700 chilometri al Salento. Eppure, in quelle poche ore di sosta, cominciamo a staccare dal mondo e a mettere in standby il cervello, complice una passeggiata per le vie del paese dopo una cena alla Sangiovesa (e un bicchiere dell’omonimo vino), ristorante ed osteria con cucina tipica del posto, ricavato da un antichissimo edificio, che come tanti edifici del centro di Santarcangelo si trova sopra ad un labirinto di cunicoli scavati sotto terra. Scendendo le scale direttamente dalla sala posta al piano inferiore si può accedere direttamente alle grotte, antichissime, ancora oggi non si sa quale fosse lo scopo per il quale furono create. Atmosfera molto suggestiva e una sala dedicata alle piadine, che vengono preparate sul momento e sfornate una dietro l’altra per essere servite ancora calde ad ogni tavolo, tagliate a pezzi, al posto del pane.




PIADINA CON TACCHINO, BRIE, PATÉ DI OLIVE TAGGIASCHE E VALERIANA





Ingredienti
per l’impasto delle piadine (per sei piadine)
(come da ricetta di Tiziana di cui riporto dosi e procedimento)
500 g di farina 00
125 g di acqua
125 g di latte parzialmente scremato fresco
100 g di strutto
15 g di lievito per torte salate
10 g di sale fine
1 pizzico di bicarbonato di sodio

per il ripieno (per due piadine)
200 g di petto di tacchino
100 g di formaggio Brie
200 g di olive taggiasche
una manciata di valeriana
il succo di ½ limone
olio extra vergine d’oliva
sale

Preparate l'impasto per le piadine.
Fate scaldare al microonde il latte e l'acqua per pochi secondi in modo che siano tiepidi. Lasciate ammorbidire lo strutto mezz'ora circa fuori dal frigorifero. Su di un tagliere disponete la farina e fate un buco al centro con la mano. All'interno mettete lo strutto a pezzetti con il lievito, il bicarbonato e il sale, schiacciatelo con la forchetta per ammorbidirlo, aggiungete l'acqua e il latte. La consistenza inizialmente potrebbe essere un pochino appiccicosa e la pasta si attaccherà al tagliere ma impastando per una decina di minuti, cambierà staccandosi e diventando molto morbida e liscia. Se il liquido è troppo poco si sfalda e risulta un po' dura. Mettete l'impasto in una ciotola e coprite con la pellicola per alimenti. Lasciate riposare 48 ore al fresco, massimo 20°C, se fosse più caldo potete lasciare riposare la pasta in frigorifero e metterla a temperatura ambiente 2 ore prima dell'uso. La pasta ottenuta sarà circa 850 grammi, dividetela in 6 pezzi da 140 grammi circa e formate delle palline, lasciatele riposare almeno mezz'ora. Infarinate appena il tagliere e disponetevi una pallina d'impasto, schiacciatela con la punta delle dita, stendete la piadina con il mattarello girandola spesso in modo che rimanga rotonda. Avrà un diametro di circa 20 centimetri e uno spessore di 0,5 centimetri. Scaldate il testo o l'apposita teglia di terracotta, su un fornello a doppia fiamma, con sotto uno spargifiamma. Se non avete nessuna di queste teglie utilizzate una padella antiaderente piuttosto larga. La temperatura non dovrà essere troppo alta altrimenti la piadina si brucia fuori e rimane cruda all'interno, ma nemmeno troppo bassa. Potete fare una prova con un piccolo pezzetto di pasta per regolare la giusta temperatura. Cuocete pochi minuti per lato, controllate sempre alzando la piadina con una paletta. Disponete le piadine una sull'altra in modo che rimangano calde mentre le cuocete.

Preparate il ripieno per le piadine.
Togliete il nocciolo alle olive e frullatele con un un paio di cucchiai di olio per ricavarne un paté cremoso.
Tagliate il brie in due fette per la lunghezza.
Tagliate il petto di tacchino in striscioline sottili. Fatele rosolare in una padella con un filo d’olio a fuoco vivace. Quando la carne sarà rosolata salatela e sfumatela con il succo di limone, fatelo evaporare e spegnete il fuoco.

Farcite le piadine.
Spalmate ciascuna piadina con il paté di olive, aggiungete il tacchino, adagiate sulla carne una fetta di brie per ciascuna piadina e infine un po’ di valeriana.

Con questa ricetta partecipo all’MTC n. 40 con lapiadina di Tiziana.


mercoledì 25 giugno 2014

ZUPPA DI PESCE SPEZIATA AL TAMARINDO PER LO STARBOOK REDONE

 


È la seconda ricetta che affronto del libro Pomegranates and Roses di Ariana Bundy. La prima mi aveva lasciato un po' delusa, forse perché mi aspettavo moltissimo da questo ricettario, visto che prometteva di svelare tutti i segreti della cucina persiana. La zuppa alla melagrana che preparai all'epoca dello Starbook di febbraio era molto particolare e inconsueta rispetto al gusto occidentale, un po' agrodolce, ricca di sapori, non troppo speziata, tutto sommato buona. Ma la ricetta non era molto dettagliata, certi passaggi venivano omessi e la descrizione del piatto finale era inesistente, cosa che, trattandosi di una zuppa per la preparazione della quale non veniva nemmeno indicata l'esatta quantità d'acqua da utilizzare, poteva costituire un problema. Dire infatti "se necessario aggiungere altra acqua" quando non si sa assolutamente quanto debba essere la densità finale della minestra la considero un'indicazione alquanto superficiale. Oltre al fatto che si prevedeva un utilizzo di una quantità di erbe aromatiche spropositato rispetto alla quantità degli altri ingredienti utilizzati.
Quando la scelsi come ricetta da testare, scorrendo l’indice del libro fui attratta anche da un’altra ricetta, una zuppa di pesce al tamarindo, che quindi mi appuntai decidendo che prima o poi avrei provato a farla. Seguii quindi con molta attenzione il post della bravissima Mapi che l’aveva preparata per l’occasione (si vede che mi sento molto in sintonia con il suo modo di cucinare, perché oltre ad avere una grande ammirazione per la sua bravura, spesso provo una curiosità incredibile per quasi tutte le ricette da lei proposte).
Mi piace il pesce, lo cucino spesso, ma una zuppa così speziata e particolare sicuramente non l’avevo mai cucinata né mai mangiata. E finalmente l’occasione è arrivata, con questo Starbook Redone. Ecco quindi la ricetta, che ho seguito prendendo come riferimento il post di Mapi.
In rosso le mie variazioni e in fondo le mie note e le mie conclusioni.

GHALIYEH MAHI VA MEYGOO
Zuppa speziata di pesce al tamarindo
da Ariana Bundy, Pomegranates and Roses




(quella che segue è una breve introduzione alla ricotta dell’autrice)

La cucina del Sud dell’Iran è molto diversa da quella del resto del Paese, perché subisce le influenze del vicino Pakistan; pochi sono gli Iraniani che la conoscono. Fa largo uso di spezie piccanti come il peperoncino e lo zenzero, e trovandosi sul Golfo Persico è più ricca di pesce del resto dell’Iran (a parte la zona lungo la costa del Mar Caspio). Ghaliyeh o kalya sono gli antichi termini che designano lo stufato o la zuppa.
Il tamarindo dal gusto acidulo dona a questo piatto il caratteristico agrodolce senza usare il tradizionale succo di limone.
Questa zuppa può essere fatta anche con solo pesce o soli gamberi; riducete i tempi di cottura a 10-12 minuti se usate solo i gamberi.

Ingredienti
500 g di pesce dalle carni sode (merluzzo, eglefino, rana pescatrice, etc.) in filetti (io ho usato del merluzzo fresco disliscato e pulito)
400 g di gamberi sgusciati (io li ho utilizzati interi con il guscio)
125 g di pasta di tamarindo concentrata, oppure 200 g di polpa di tamarindo passata attraverso un setaccio (io ho usato polpa di tamarindo essiccato, ammollata e passata attraverso un colino)
125 g di coriandolo fresco, sminuzzato grossolanamente
50 g di fieno greco fresco, oppure 3-4 cucchiai di fieno greco secco (io ho usato quello secco macinato)
1 grosso pomodoro spellato, privato dei semi e tritato grossolanamente
1 piccola cipolla
4 o 5 cipollotti
3 spicchi d’aglio
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
15 g di burro
3 chiodi di garofano macinati al momento
1,5 cucchiaini di curry dolce
1 cucchiaino di zenzero fresco tritato
1 cucchiaino di sale
½ cucchiaino di peperoncino di cayenna in polvere
½ cucchiaino di pepe macinato di fresco
1/3 di cucchiaino di curcuma in polvere
900 ml di acqua calda


Far fondere il burro con l’olio. Tritare nel frattempo la cipolla e i cipollotti e versarli nel tegame e farli dorare.
Tritare intanto gli spicchi d’aglio dopo averli sbucciati e privati del germoglio interno, unirli alle cipolle e far soffriggere mescolando per 2 minuti. Unire peperoncino, curcuma, zenzero, chiodi di garofano e curry. Aggiungere il coriandolo e il fieno greco, il sale e il pepe, alzare la fiamma e far cuocere per 3-5 minuti, mescolando continuamente. Unire infine il pomodoro e mescolare.
Far sciogliere la pasta di tamarindo nell’acqua calda e versare nella casseruola. Incoperchiare, abbassare la fiamma e far sobbollire la salsa per 20-30 minuti.
Spinare accuratamente il pesce e tagliare i filetti in tranci. Metterlo nel tegame e farlo sobbollire a fiamma bassa per 15-20 minuti, facendo attenzione a non cuocerlo troppo. Aggiungere a questo punto i gamberi e prolungare la cottura di altri 8-10 minuti, o finché i gamberi sono ben cotti.
Regolare di sale e servire insieme a riso bianco.



NOTE:
La ricetta è breve e semplice. Gli ingredienti utilizzati in compenso sono molti. Per questi motivi, sarebbe stata gradita una descrizione del procedimento che desse più importanza alla sequenzialità delle varie fasi. Proprio perché il procedimento non è complicato ma è composto da varie fasi e ci sono vari ingredienti da inserire, è opportuno che si avvisi per tempo come debba essere trattato ciascuno di essi. Per fare un esempio, dopo aver detto di unire le spezie e il pomodoro alle cipolle e all’aglio si spiega di sciogliere la pasta di tamarindo nell’acqua calda, cosa che sarebbe stato meglio dire di fare per tempo, onde evitare che mentre si procede a questa operazione il resto degli ingredienti nel tegame possa bruciare.
Per quanto riguarda la pasta di tamarindo, nella ricetta si dice di utilizzare o la pasta di tamarindo concentrata o la polpa di tamarindo passata attraverso un setaccio. Non avendo io la pasta di tamarindo concentrata ma un pacchettino di tamarindi essiccati, che avevo acquistato con l’intenzione di provare un paio di ricette del libro sulla cucina indiana che è stato analizzato questo mese, mi sono trovata in difficoltà in quanto, non essendo il tamarindo un ingrediente che conosco particolarmente (anzi, non lo conosco affatto :)) non sono riuscita a capire se per polpa di tamarindo si intendesse polpa di tamarindo fresco o essiccato. Io quindi ho usato quelli essiccati, facendo difficoltà a regolarmi con le dosi in quanto erano con i semi mentre nella ricettai si indicava la polpa al netto degli scarti. Fatto sta che ho ammollato i frutti nell’acqua tiepida, dopodiché li ho schiacciati sulle maglie di un colino in maniera da separare la polpa dai semi (cosa che si riesce a fare abbastanza agevolmente) e poi ho riutilizzato la stessa acqua dell’ammollo (che aveva conservato parte del sapore del tamarindo) per aggiungerla all’acqua con cui diluire la polpa come indicato nella ricetta.


Si dice di utilizzare il curry dolce e questa cosa mi ha stupito, posto che ormai sappiamo tutti che il curry in realtà non è una spezia, come siamo stati abituati a credere, bensì una pianta di cui si utilizzano le foglie. Quello che noi siamo abituati a chiamare curry in realtà è una miscela di spezie, il masala indiano, che poi non è sempre uguale, in quanto varia a seconda delle spezie che vengono utilizzate. Si differenzia per questo aspetto la cucina persiana da quella indiana? E se sì, per quale motivo? Che cosa si intende per curry dolce in questo contesto? Insomma, non è dato di sapere in quanto l’autrice non lo spiega. Io ho usato il curry classico in polvere.
Per quanto riguarda i gamberi, nella ricetta si dice di utilizzarli sgusciati. Non so se sia davvero indispensabile ai fini di questo piatto però io ho preferito utilizzarli con il guscio, come faccio sempre, in quanto la gran parte del sapore è da quello che viene dato. Poi si può scegliere di sgusciarli alla fine quando sono cotti per fare in modo che quando si serve la zuppa sia più agevole mangiarla, oppure decidere di servirla così.
Il sapore del tamarindo è assolutamente pervadente, anche se viene abbastanza bilanciato dal sapore delle altre spezie ed erbe utilizzate. Mi ha colpito molto come, nonostante sia davvero molto forte ed acido, riesca comunque ad esaltare la dolcezza dei gamberi e il sapore del merluzzo. Però convengo con Mapi, il suo sapore per i nostri palati è davvero eccessivo. Io non ho voluto seguire il suo consiglio di ridurre le dosi (anche se in realtà, con il problema dei semi credo alla fine di averne utilizzato meno di quanto indicato) perché ero curiosa di vedere come fosse il risultato finale seguendo la ricetta originale, ed alla fine, devo dire la verità, dopo due assaggi la zuppa è al limite dell’immangiabile. Ed è un vero peccato perché riducendo, le dosi, come diceva Mapi, dovrebbe essere davvero ottima.
CONCLUSIONI:
La ricetta riesce, nonostante le osservazioni di cui sopra, e seguendo alla lettera le indicazioni e il procedimento, alla fine il risultato è una zuppa con un pesce cotto alla perfezione e un bel sughetto denso, ma non troppo, cremoso e speziato. Quindi, nonostante il sapore veramente eccessivo dato dal tamarindo (ma questo è un problema soggettivo e di gusti), la ricetta è
P R O M O S S A
Con questa  ricetta partecipo allo Starbook Redone di giugno.