mercoledì 25 aprile 2012

FRANGIPANE ALL’AMARETTO CON CONFETTURA DI RAMASSIN E FROLLA DI GRANO SARACENO

Devo ammettere che le torte e i dolci in genere non sono la mia passione, fatta eccezione per il cioccolato che adoro (se fondente).
E questo è il motivo per cui non mi cimento quasi mai nelle preparazioni dolci. Ed è un peccato perché ogni volta che mi capita di farlo mi diverto un sacco. Così come me la sono spassata a fare questa torta frangipane con cui partecipo all’emmetichallenge di aprile, grazie ad Ambra e alle sue dritte per la preparazione.

Ho pensato e ripensato a quali ingredienti utilizzare. E dopo essermi spremuta le meningi per un po’, mi è bastato aprire il frigorifero per trovare la soluzione. Che stava in un barattolo di confettura di ramassin fatta dalla mamma.

Il ramassin è un frutto molto particolare, coltivato soltanto in alcune zone del Piemonte, in particolar modo nella valle Bronda e nelle zone collinari del saluzzese, in provincia di Cuneo. È un piccola susina di origine siriana e sconosciuta è l’origine della sua diffusione in Piemonte, che risale a tempi molto antichi, qualcuno dice portata ai tempi delle crociate.
Ha un sapore molto particolare che solo lontanamente ricorda quello delle susine comuni, è molto dolce, ha la polpa morbidissima e la buccia sottilissima.
Si raccoglie in luglio ed essendo un frutto molto delicato, o lo si mangia subito, o lo si butta appena raccolto in un bel pentolone per farne delle marmellate davvero strepitose.

 
La crema frangipane l’ho aromatizzata con un po’ di liquore di amaretto che ha esaltato il sapore delle mandorle mentre la frolla ho voluto che avesse un tocco rustico e per questo ho utilizzato una parte di farina di grano saraceno.

FRANGIPANE ALL’AMARETTO
CON CONFETTURA DI RAMASSIN E FROLLA DI GRANO SARACENO


Ingredienti

per la pasta frolla
150 g di farina 00
50 g di farina di grano saraceno
100 g di zucchero
100 g di burro
1 uovo
1 pizzico di sale
la scorza grattugiata di un limone

per la crema frangipane
100 g di farina di mandorle
100 g di burro morbido
100 g di zucchero
1 uovo
30 g di fecola di patate
1 cucchiaio di liquore di amaretto

per farcire
confettura di ramassin (o di susine)
mandorle pelate

Preparate la frolla lavorando il burro freddo a tocchetti con la farina, il sale e lo zucchero fino ad ottenere un composto sbriciolato. Aggiungete l'uovo insieme alla scorza di limone grattugiata. Formate una palla, mettetela nella pellicola e fatela riposare in frigo per un'ora circa.

Stendete la frolla in uno strato sottile e mettetela in uno stampo con cerchio apribile di 24 cm di diamentro precedentemente imburrato ed infarinato. Bucherellate il fondo e ponete sopra un foglio di carta da forno con dei fagioli. Cuocete a 180° per circa 10 minuti, quindi rimuovete i fagioli e la carta e infornate nuovamente per altri 5 minuti circa.

Preparate la crema frangipane. Montate il burro con lo zucchero fino ad ottenere una crema spumosa, aggiungete l'uovo leggermente sbattuto e il liquore di amaretto, incorporate la farina di mandorle poco per volta e la fecola continuando a montare.

Distribuite la confettura sulla frolla e quindi copritela con la crema frangipane. Decorate con le mandorle intere e infornate la torta nel forno preriscaldato a 180° per circa 20/30 minuti fino a che non si sarà dorata la crema frangipane in superficie.


domenica 22 aprile 2012

FOCACCIA AL PESTO E STRACCHINO E SUCCO DI CRANBERRY


Buonissima questa focaccia. Ho usato lo stesso impasto che preparo per la pizza (metodo Bonci, da quando l’ho provato non lo mollo più) e poi l’ho farcita con uno strato di pesto al basilico e un po’ di stracchino.

Spero che possa piacere al figlio di Eleonora!

Ingredienti

per l’impasto (dose per fare una pizza per quattro persone da cui ricavare il necessario per la focaccina)
500 g di farina (io metto 400 g di farina 00 e 100 g di manitoba)
400 ml di acqua
1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva
1 cucchiaino e ½ di lievito di birra disidratato
1 cucchiaino e ½ di sale fino
2 cucchiaini di zucchero
abbondante semola rimacinata di grano duro

per il pesto 
½ cucchiaio di parmigiano
1 cucchiaino di pecorino romano
½ cucchiaio di pinoli
½ spicchietto d’aglio
1 mazzetto di basilico
olio extravergine d’oliva qb
½ cucchiaino di sale grosso

per completare
50 g di stracchino

Preparate l’impasto. Mescolate la farina insieme al lievito e allo zucchero. Versate quasi tutta l’acqua in un colpo solo, mescolate un poco con una forchetta, aggiungete il sale e l’olio, la restante acqua, lavorate ancora un po’ l’impasto con la forchetta e poi lasciatelo riposare per 10 minuti.

Versate un po’ di semola sul piano di lavoro, versateci sopra l’impasto e cominciate a fare delle pieghe con l’impasto portando i lembi verso il centro finché si sarà un po’ asciugato (deve comunque rimanere morbidissimo). Mettete l’impasto in una ciotola, copritela con della pellicola e riponete nella parte bassa del frigo per 24 ore.

Prelevate dall’impasto il pezzo che vi servirà per la focaccina e disponetelo in una teglia rotonda sulla quale avrete versato un po’ d’olio, appiattendolo con le dita.

Preparate il pesto lavorando tutti gli ingredienti in un mortaio fino ad ottenere una salsa omogenea (in alternativa tritate tutto con il vostro robot da cucina ma non è la stessa cosa).

Disponete il pesto sulla pasta e poi lo stracchino a fettine.
Cuocete in forno caldo a 180° per mezz’ora circa.






giovedì 19 aprile 2012

AGNOLOTTI PIEMONTESI



Qualche anno fa, passeggiando per Alba in una nebbiosa giornata autunnale, mi imbattei in un libro, che si trovava su una bancarella alla fiera del tartufo, dal titolo “Nonna Genia”, una raccolta di ricette langarole ma che è molto di più di un semplice libro di cucina. Analisi psicologica della cucina delle Langhe, raccolta di foto bellissime in bianco e nero di Alba e delle sue colline e cento ricette, di cui alcune accompagnate dalla storia sulle loro origini.

La storia che accompagna gli agnolotti è di uno degli autori del libro, Luciano De Giacomi, che era un farmacista albese enogastronomo e produttore vinicolo, e comincia così:

“Dicono che gli agnolotti siano stati inventati da un cuoco francese a Torino durante un assedio, in un momento in cui l’usuale materia prima per la cucina mancava quasi del tutto: c’erano però ancora degli avanzi i più disparati, la farina per la sfoglia, ed egli tritò, mescolò per confondere i sapori, chiuse il tutto in quei minuscoli scatolini di pasta non avendo avanzato uova per tenere altrimenti unita e compatta quella mescolanza casuale.
Anche all’origine degli agnolotti troviamo alcune componenti di tanti nostri piatti “poveri” (“poveri” gli agnolotti!) e cioè la necessità urgente, l’insufficienza del materiale a disposizione e l’opportunità di non sprecare quel poco che si ha sotto mano, l’elementarità dei componenti fondamentali, i suggerimenti della fantasia. Non solo per questo però sono poco propenso ad accettare l’attribuzione al cuoco franco/torinese dell’invenzione degli agnolotti, ma piuttosto perché essi sono da troppe generazioni ed in troppe versioni diverse realizzati come piatto locale in tutti i borghi e cascine di Langa. Qui, dove probabilmente furono per lungo tempo piatto unico del pasto domenicale, si è raggiunto, nella versione asciutta, un equilibrio raro di sapori impiegando l’arrosto di vitello e di maiale nell’impasto del ripieno e l’arrosto delle medesime carni preparato appositamente per averne il sugo di condimento.”

E alla fine un ricordo curioso dell’autore:

“A casa mia ho appreso l’arte di assaggiare gli agnolotti col vino: si mette in una scodella una dozzina di agnolotti caldi, bollenti, appena tolti dall’acqua di cottura, sconditi, e li si ricoprono subito di vino Dolcetto, pescandoli poi ad uno ad uno con la forchetta per metterli in bocca. Ogni sapore viene potenziato e guai! se in qualcosa s’è errato nell’impasto o nella scelta del vino: la denunzia sarebbe immediata.”
 
AGNOLOTTI AL SUGO DI ARROSTO
da “Nonna Genia” di Beppe Lodi e Luciano De Giacomi


Ingredienti per otto persone

½ k di carne di maiale e di vitello
uno “sbrocco” di rosmarino
2 spicchi d’aglio
1 cavolo piccolo o un mazzo di scarola
burro
parmigiano
4 uova
sale, pepe, noce moscata
400 g di farina

Cuocete la carne e fatela ben arrostire con rosmarino e aglio. Tritate la carne finissima, mettetela in una fondina, aggiungete un piccolo cavolo o un mazzo di scarola lessati, tritati e fatti colorire nel burro, una manciata di parmigiano grattugiato, i bianche di quattro uova, un pizzico di sale, un pizzico di pepe ed anche un pizzico di noce moscata. Impastate bene questi ingredienti con un cucchiaio di legno e tenete da parte.

Fate la pasta con quattro rossi d’uovo e 400 grammi di farina e tirate successivamente in fogli sottili che non lascerete asciugare. Di volta in volta ponete sul foglio in fila dei mucchietti di ripieno a distanza di tre centimetri l’uno dall’altro, lasciando un bordo vuoto sotto la fila dei mucchietti in modo da poterlo poi ripiegare sui mucchietti di ripieno coprendoli. Pigiate con le dita intorno ai mucchietti. Quindi tagliateli con un taglia pasta ottenendo dei quadrati piccoli.

Mettete ad asciugare gli agnolotti su tovaglioli leggermente infarinati. Fateli bollire in abbondante acqua salata per alcuni minuti, scolateli bene e conditeli con sugo di arrosto.


Note:
la ricetta non lo dice ma, a meno che esistano tecniche particolari a me sconosciute, i 4 rossi d’uovo con 400 grammi di farina hanno bisogno dell’aggiunta di acqua, cosa che ho provveduto a fare e che ha reso la pasta degli agnolotti morbida e delicata,

per comodità ho usato una ravioliera per formare gli agnolotti, più che altro per farli venire tutti perfettamente uguali,

non li ho conditi con il sugo d’arrosto perché avrei dovuto fare due arrosti, uno per il ripieno e uno per il sugo (il sugo del primo è meglio restringerlo bene e unirlo insieme agli altri ingredienti del ripieno) e quindi ho optato per un condimento a base di burro, salvia e parmigiano, sempre ottimo e delicato, tale da esaltare il sapore degli agnolotti,

infine...vanno assolutamente accompaganti con un buon Dolcetto d'Alba!

sabato 14 aprile 2012

PINK PORK CON SALSA DI MELE AL RAFANO



Che il maiale fosse tendenzialmente rosa già lo si sapeva.
Ma che potesse diventare così rosa chi poteva mai pensarlo?
Tutto grazie al contest colors and food di Cinzia e Valentina.

Il colore è stato dato dalla marinatura della carne per quattro ore in un composto di barbabietole rosse frullate e mescolate insieme a dello yogurt bianco. La carne in questo modo è venuta, oltre che colorata, sorprendentemente morbida e succosa.

 PINK PORK CON SALSA DI MELE AL RAFANO


Ingredienti per quattro persone

per la carne
600 g di lonza di maiale
2 barbabietole rosse cotte al vapore
½ vasetto di yogurt bianco naturale
burro, olio, sale, pepe, rosmarino

per la salsa di mele al rafano
2 mele
il succo di ½ limone
2 cucchiaini di zucchero
3 cucchiai di rafano grattuggiato
½ vasetto di yogurt bianco naturale
sale

Preparate il composto che servirà a marinare la carne. Frullate le barbabietole e mescolatele allo yogurt. Tagliate la lonza in quattro fette (dovrebbero risultare abbastanza spesse, circa 2 o 3 centimentri), mettetele in un recipiente insieme al composto di barbabietole e lasciatele in frigo coperte per almeno quattro ore.

Preparate la salsa di mele al rafano. Sbucciate e tagliate le mele a pezzetti. Mettetele in un pentolino insieme al succo di limone, allo zucchero e a un po’ d’acqua e fatele cuocere fino a che diventeranno morbide. Lasciate raffreddare quindi frullatele insieme al rafano, un pizzico di sale e allo yogurt.

Cuocete la carne. Togliete le fette di lonza dalla marinata e pulitele dai residui di barbabietola.
Mettete una noce di burro e un po’ d’olio in un tegame e fateli riscaldare. Fate dorare a fuoco vivo la carne su entrambi i lati quindi abbassate un po’ il fuoco, aggiungete due rametti di rosmarino e portatela a cottura. Ci vorranno circa una decina di minuti in totale.
Salate e pepate la carne. Disponete nei piatti la salsa di mele al rafano e ponetevi sopra le fette di carne.



martedì 10 aprile 2012

ORECCHIETTE INTEGRALI AL SUGO DI CARNE CON CACIORICOTTA

 
Credo che certi gesti siano innati, scritti nel dna.

A insegnarmi a fare le orecchiette è stata mia nonna. Quando avevo circa quindici anni.

Ovviamente le prime orecchiette non furono bellissime ma ricordo ancora adesso lo stupore che provai nel sentire che le mie mani già sapevano quello che dovevano fare, come se l’avessi già fatto mille altre volte in passato, in un’altra vita.

E ancora oggi, ogni volta la stessa sensazione. Gesti che provengono da altre mani, da altre vite e che attraverso le mie mani si ripetono.

Le orecchiette ben si prestano per essere accompagnate con i più vari condimenti, ma per me il massimo è affogarle in un ricco e denso sugo di pomodoro fatto cuocere a lungo con la carne per poi servirle cosparse di cacioricotta grattugiato.

Ho apportato qualche piccola variazione alla ricetta tradizionale. Ho fatto un ragù con i pezzi di carne interi anziché con la carne macinata come lo si fa alla bolognese, ma ho voluto comunque utilizzare le verdure, un trito di carota, sedano e cipolla, che invece di norma vengono utilizzate solo nel ragù alla bolognese. Inoltre per la pasta ho utilizzato una parte di farina integrale, che rende le orecchiette un po’ più ruvide e saporite.


 ORECCHIETTE INTEGRALI AL SUGO DI CARNE CON CACIORICOTTA


Ingredienti per quattro persone
 per la pasta
250 g di farina di semola di grano duro
100 g di farina integrale

per il sugo
500 ml di passata di pomodoro
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
300 g di carne di manzo (qualsiasi taglio adatto alla cottura in umido)
1 carota
1 cipolla
1 gambo di sedano
½ bicchiere di vino bianco
1 mazzetto di basilico
200 g di cacio ricotta
olio, sale
 
Preparate la pasta mescolando le due farine con un pizzico di sale e tanta acqua tiepida quanto basta per ottenere un impasto sodo ed elastico.
Lasciatelo riposare coperto per un quarto d’ora, quindi prelevate un pezzetto di impasto alla volta con cui formerete dei rotoli di pasta da cui ricaverete le orecchiette, tagliando con un coltello dei pezzettini di pasta e strisciandoli sulla spianatoia.
Lasciate seccare le orecchiette un paio d’ore e nel frattempo preparate il sugo.

Versate un po’ d’olio in una casseruola, riscaldatelo e fate rosolare la carne tagliata a pezzi grossi quanto per fare uno spezzatino.
Quando la carne è rosolata su tutti i lati aggiungete la carota, la cipolla e il sedano tritati e salate il tutto. Fate appassire le verdure quindi sfumate con il vino bianco, fatelo evaporare, aggiungete la passata di pomodoro e il concentrato e un bicchiere d’acqua.
Coprite la casseruola e fate cuocere dolcemente per almeno due ore, fino a che il sugo sarà diventato bello denso e la carne morbida.

Spegnete il fuoco, aggiungete basilico a piacere. Togliete la carne dal sugo (potrete consumarla come secondo) e condite la pasta.
Servite le orecchiette con una fogliolina di basilico e abbondante cacioricotta grattugiato.

giovedì 5 aprile 2012

TORTINO CON RICOTTA E SEMI DI PAPAVERO (GIBANICA LIGHT)



La prekmurska gibanica è un dolce tipico di una zona della Slovenia che si chiama Prekmurje, regione che si trova tra l’Austria, l’Ungheria e la Croazia, ma è facile trovarlo anche in Italia in qualche trattoria tipica del carso triestino al confine con la Slovenia.

È un dolce che si compone di vari strati, di pasta e ripieni vari e ricchi a base di ricotta, noci, miele, semi di papavero, panna. Di solito viene preparato in teglie rettangolari e poi servito tagliato in pezzi sempre rettangolari.

Ho voluto rivedere la ricetta di questo particolarissimo dolce, alleggerendolo il più possibile e rendendolo quasi light, cercando però di non stravolgerlo troppo. Velocissima è la preparazione, soprattutto se si usa come ho fatto io una base di pasta già pronta.

La sua caratteristica principale è l’utilizzo dei semi di papavero in dosi piuttosto massicce, caratteristica che si riscontra in molte ricette tipiche dei paesi dell’Europa dell’est.

Ho fatto un tortino piccolo, usando uno stampo a cerchio apribile del diametro di 12 centimetri, ma se volete fare una torta di grandezza normale basta raddoppiare o triplicare le dosi.


Ingredienti

per il ripieno di ricotta
100 g di ricotta
1 manciata di uvetta
1 tuorlo d’uovo
1 cucchiaio di zucchero
1 pizzico di cannella in polvere

per il ripieno di semi di papavero
70 g di semi di papavero tritati
1 cucchiaio di miele
1 cucchiaino di burro
1 tazzina di latte

per completare
½ mela
pasta sfoglia


Preparate il ripieno di semi di papavero. Fate scaldare il latte e versatelo sui semi di papavero e mescolate il tutto aggiungendo il cucchiaio di miele e il burro fuso. Deve risultare un composto spalmabile ma non troppo liquido.

Preparate il ripieno alla ricotta. Mescolate la ricotta insieme al tuorlo d’uovo, allo zucchero, all’uvetta e alla cannella.

Ritagliate un pezzo di pasta sfoglia della grandezza della base dello stampo e adagiatela nello stampo. Con un altro pezzo di pasta sfoglia formate un rotolino, appiattitelo con il mattarello e rivestite il bordo dello stampo.

Formate il primo strato del tortino con il composto a base di semi di papavero e poi metteteci sopra il composto a base di ricotta. 

Tagliate la mela a fettine sottili e disponetele in cima al tortino. Spolverate con un po’ di zucchero.
Infornate nel forno preriscaldato e cuocete a 200° per quaranta minuti.


domenica 1 aprile 2012

ORATE CON CARCIOFI E PATATE



Ecco un bel modo facile e veloce per cucinare qualsiasi pesce.

Ingredienti per quattro persone
2 orate da porzione
1 patata
2 carciofi
1 tazzina di vino bianco
olio, sale, pepe


Pulite i carciofi e la patata e tagliateli a fettine molto sottili.
Ungete una teglia con un po’ d’olio e coprite il fondo con i carciofi e le patate.
Salate e pepate le orate e disponetele sulle verdure.


Aggiungete un goccio d’olio e il vino bianco.
Infornate e fate cuocere per 30 minuti a 200°.
Pulite le orate togliendo testa, pelle e lische e disponete nei piatti i filetti con le verdure.