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sabato 17 febbraio 2018

BRASATO AL BARBARESCO AFFUMICATO



Ne parlavamo a casa un paio di giorni prima. Della tecnica dell’affumicatura e del fatto che ci sarebbe piaciuto provarla. Ma non sapevamo da parte cominciare… et voilà, arriva Greta con l'MTC n. 70 e ci spiega tutto, ma proprio tutto, sull’affumicatura casalinga. Quella che ti lascia un profumo in casa che neanche nelle baite di alta montagna in pieno inverno e che ti offre la possibilità di ampliare, elevandoli al quadrato, i già infiniti risultati che si possono ottenere attraverso la preparazione di un piatto.
La cucina è opportunità di creare e, attraverso la combinazione di ingredienti diversi, dosati e cucinati in maniera differente, si possono ottenere piatti unici al mondo, come se fossero quadri, che i colori sono sempre quelli ma cambiando proporzioni, sfumature, pennelli e autori, nessuno mai sarà uguale ad un altro.
Tutto ciò per dire che quando ormai credi di aver visto quasi tutto, arriva un sapore nuovo, l'affumicato, che, anche se già conosciuto al tuo palato, non avevi mai utilizzato prima per preparare un piatto. E ti rendi conto che quasi potrebbe essere considerato un sesto gusto, al pari del dolce, del salato, dell’agro, dell’amaro e dell’umami, in quanto elemento che può stravolgere completamente una ricetta offrendo mille possibilità di interpretazione. A partire dal tipo di legna che si usa per l’affumicatura, che, non avrei mai pensato, ma può dare risultati molto diversi, al metodo di affumicatura stessa (a freddo o a caldo), al tempo che ci si impiega e ad altri innumerevoli fattori.
L’ho già detto ultimamente che in questo periodo sento di volermi affidare alla semplicità, almeno in cucina, ed è per questo che non ho voluto creare un piatto troppo elaborato, ma reinterpretare invece una ricetta della tradizione, cambiandola leggermente per stare a guardare che cosa poteva apportare a sapori così noti e classici il sapore del fumo. Quindi mi scuso sin d’ora per la poca fantasia, al cospetto dei piatti proposti da Greta c’è un po’ da vergognarsi, lo so, però a mia discolpa posso dire che non conoscendo affatto questa tecnica l’ho voluta sperimentare su sapori noti.
Sono partita dal mio amato brasato al Barolo, ma anziché usare un taglio di carne intero ne ho fatto uno spezzatino e invece di usare per la marinatura e la brasatura il Barolo ho utilizzato il Barbaresco, uno dei miei vini preferiti, un vino un po’ difficile e scontroso, anche se comunque raffinato ed elegante, ma che negli stracotti di manzo, forse, quasi (il quasi è d’obbligo) preferisco al Barolo, perché dona comunque complessità di sapori alla carne conferendole però, essendo un po’ più “asciutto”, quel tocco di acidità in più che la rende un po’ meno stucchevole e pesante. E proprio per questa sua caratteristica pensavo che potesse creare un bel contrasto con il sapore dell’affumicatura. Affumicatura che ho eseguito a freddo sulla carne cruda utilizzando delle chips di legno di whisky (whisky che alcuni usano nel brasato al Barolo a fine cottura nella salsa per arrotondarne il gusto), alle quali ho unito gli stessi odori utilizzati per la marinatura, perché volevo che fosse decisa, visto che la carne avrebbe dovuto successivamente cuocere a lungo nello stesso liquido di marinatura dal sapore piuttosto incisivo. Avevo un po’ di paura che non si sentisse abbastanza o che si sentisse troppo, ma grazie alla classica fortuna del principiante ne è uscito un piatto perfetto, ottimamente equilibrato, dal gusto rotondo e con tutti i sapori esaltati e non sopraffatti dal sapore dell’affumicatura.
E che perciò entra prepotentemente nel repertorio dei piatti della mia cucina, da fare e rifare e rifare ancora; mai più uno stracotto di manzo al vino senza fumo! Grazie Greta, alla tua proposta e ai tuoi preziosissimi consigli, era proprio difficile sbagliare.

BRASATO AL BARBARESCO AFFUMICATO
Ingredienti per quattro persone
600 g di carne di manzo (io ho usato il cappello del prete)
olio
sale
1 noce di burro
1 cucchiaio di farina

per la marinatura
1 bottiglia di Barbaresco (un po’ di meno perché un bicchiere ce lo siamo bevuti J)
1 cipolla di Tropea non troppo grande
1 carota
1 costa di sedano
1 rametto di rosmarino
1 foglia di alloro
1 pizzico di timo secco
2chiodi di garofano
3 grani di pepe nero
1 pezzetto di cannella
1 spicchio d’aglio

per l’affumicatura
una manciata di chips di legno di whisky
1 pezzetto di cannella
1 foglia di alloro,
1 rametto di rosmarino
2 chiodi di garofano
2 grani di pepe nero

Tagliare la carne a cubetti non troppo piccoli (circa tre centimetri per lato). Pulire e tagliare sedano, carota e cipolla a pezzi non troppo piccoli. Preparare un bouquet garni con rosmarino, alloro, timo, chiodi di garofano, pepe, cannella e aglio. Mettere a marinare la carne in un recipiente di vetro nel vino insieme alle verdure e al bouquet garni per due/tre ore.
Trascorso il tempo per la marinatura, togliere la carne dal liquido, tenendolo da parte, e asciugarla. Formare con un foglio di alluminio doppio un cestino e porlo sul fondo di una pentola dotata di cestello per il vapore.


Porre sul foglio di alluminio le chips e gli odori per l’affumicatura, mettere la pentola sul fuoco e quando comincia a vedersi un filo di fumo provenire dalle chips, chiudere bene con il coperchio, aspettare circa una decina di minuti che la pentola si riempia di fumo, sollevare velocemente il coperchio, infilare il cestello sul quale è stata posta la carne, richiudere subito, fare andare sul fuoco ancora mezzo minuto, spegnere il fuoco e lasciare affumicare la carne per circa venti minuti. Pensavo di dover ripetere l’operazione, come fatto da Greta per il filetto di manzo, ma sono stati sufficienti venti minuti, probabilmente a causa del tipo di legno utilizzato, dal sentore piuttosto forte.
Infarinare leggermente la carne e farla rosolare bene in un tegame con olio e burro, quindi coprirla con tutta la marinata, portare a bollore, fare bollire a fuoco vivo per una decina di minuti, togliere il bouquet garni, abbassare la fiamma, chiudere con il coperchio e far cuocere a fuoco dolce per almeno un paio d’ore.
Quando la carne è cotta, toglierla dal sugo di cottura, passarlo al setaccio o frullarlo, regolarlo di sale e, se necessario, ma non dovrebbe esserlo, farlo ridurre ancora un po’ sul fuoco.
Rimettere la carne nella salsa e servirla insieme a della polenta gialla.

Con questa ricetta partecipo all'MTC n. 70 con l'affumicatura casalinga di Greta. 


domenica 26 gennaio 2014

SPEZZATINO DI TACCHINO INDIAN STYLE CON PATATE E CARDI E BESAN ROTI




Non pensavo di fare un altro spezzatino. Il fatto è che dopo quello di cervo dai sapori un po’ nordici mi era rimasta la voglia di sperimentare qualcosa di orientale e siccome mi piace tantissimo la cucina indiana alla fine non ho potuto fare a meno di preparare una seconda ricetta per l’MTChallenge di questo mese. Quindi nuovamente grazie a Marta e Chiara, del blog La cucina spontanea, che con la loro proposta evidentemente mi hanno molto ispirato.

Questa volta ho scelto una carne di tacchino perché mi piace molto la carne bianca ed è quella che consumiamo più spesso a casa, perché oltre ad essere ottima è anche molto salutare.

Il tema legato allo spezzatino è quello della lunga cottura, quindi, visto che la carne bianca solitamente non richiede lunghi tempi di cottura, ho optato per un pezzo che rimanesse il più possibile morbido e succoso, cioè la sovracoscia. E anche per degli ingredienti che facessero in modo che non diventasse stopposa, come lo yogurt e il latte di cocco. Quindi mi sono liberamente ispirata al korma (stufato tipico indiano che si può fare con diversi tipi di carne) ma apportando diverse varianti.

Per quanto riguarda le verdure d’accompagnamento, ho scelto delle patate e dei cardi, che con il loro sapore leggermente amarognolo andassero a “spezzare” il sapore della salsa, mentre per quanto riguarda appunto le spezie ho voluto provare a preparare un masala alle mandorle, che è una specie di pasta a base di mandorle e spezie, contrariamente al garam masala e al tandoori masala, più conosciuti, che invece sono semplicemente un mix di spezie.

Come pane d’accompagnamento ho preparato il besan roti, un pane che come il naan e il chapati si cuoce sulla piastra ma che si differenzia dagli altri perché è preparato con farina di ceci (besan) che può essere arricchita da spezie e altri ingredienti (peperoncino, cipolla) che variano a seconda dei posti e che viene cotto con del ghee (burro chiarificato).

Ma ecco la ricetta.


SPEZZATINO DI TACCHINO INDIAN STYLE CON PATATE E CARDI E BESAN ROTI


Ingredienti per quattro persone

per lo spezzatino
1 sovracoscia di tacchino (circa 600 g)
150 g di yogurt greco
200 ml di latte di cocco
2 pomodori pelati
½ chilo di cardi
il succo di mezzo limone (per pulire i cardi)
3 patate
½ cipolla
30 g di ghee (burro chiarificato)
1 cucchiaio di masala alle mandorle

per il masala alle mandorle
50 g di mandorle tritate
3 semi di cardamomo
1 cucchiaino di pepe nero in grani
1 cucchiaino di semi di cumino
3 cucchiaini di semi di papavero
½ spicchio d’aglio
1 cucchiaio di zenzero fresco grattugiato
1 cucchiaio di olio di semi

per il besan roti
100 g di farina integrale
100 g di farina di ceci
2 cucchiai di prezzemolo tritato
1 cucchiaino di sale
½ cucchiaino di pepe nero macinato
½ cucchiaino di semi di cumino
30 g di ghee per l’impasto
30 g di ghee per la cottura

Preparate il masala alle mandorle.
Versate l’olio in una padella e tostatevi le spezie (il contenuto dei semi di cardamomo, il pepe, i semi di cumino e i semi di papavero) per qualche minuto quindi aggiungete l’aglio schiacciato, lo zenzero grattugiato e soffriggete ancora qualche minuto. Quindi fate raffreddare il tutto e pestatelo in un mortaio (o nel tritatutto) e poi unite le mandorle e un po’ di acqua bollente, ottenendo così un impasto cremoso che si può conservare in frigo per qualche giorno oppure congelare già dosato per altre preparazioni.


Preparate l’impasto per il pane.
Miscelate le due farine, aggiungete il prezzemolo, il sale, il pepe, i semi di cumino e il ghee, precedentemente fatto sciogliere, e versate a mano a mano dell’acqua sempre impastando fino ad ottenere un impasto sodo ed elastico. Copritelo con un panno umido e fatelo riposare per almeno un’ora.

Preparate lo spezzatino.
Spellate e disossate la sovracoscia di tacchino, quindi tagliatela in bocconcini di circa due centimetri per lato.
Pulite i cardi, tagliatene le estremità e togliete tutta la parte filamentosa e le foglie, lavateli e tagliateli a pezzetti di circa due o tre centimetri di lunghezza e metteteli in acqua acidulata con il succo del limone, quindi sbollentateli in acqua bollente per un paio di minuti, scolateli e metteteli da parte.
Sbucciate e pulite le patate e tagliatele a pezzi di due o tre centimetri per lato.
Fate sciogliere il ghee in un tegame e quando è caldo rosolatevi i bocconcini di tacchino fino a farli dorare. Aggiungete la cipolla tagliata a rondelle sottili, fatela dorare leggermente, quindi aggiungete i pelati spezzettati grossolanamente. A questo punto salate la carne (io solitamente la carne la salo sempre a fine cottura ma quando deve cuocere in abbondante liquido preferisco salarla prima, soprattutto se carne bianca, perché salandola alla fine la carne rimane un po’ insipida mentre si insaporisce troppo il sugo).
Fate cuocere per un paio di minuti e versate nel tegame lo yogurt, il latte di cocco, mezzo bicchiere d’acqua, un cucchiaio di masala alle mandorle, le patate e i cardi. Mescolate bene il tutto, abbassate il fuoco e fate cuocere a fuoco dolcissimo (deve appena appena sobbollire) per circa un’ora. Alla fine il sugo dovrà essersi ristretto fino a formare una salsina densa.

Nel frattempo preparate il pane.
Fate sciogliere il ghee. Prendete l’impasto e dividetelo in palline di circa tre centimetri di diametro. Schiacciatele una alla volta leggermente con le dita e poi appiattitele aiutandovi con un mattarello fino ad ottenere dei dischi di pasta rotondi e sottili. Ungete la superficie di ciascun disco con metà del ghee, quindi piegateli prima in due, in modo da formare una mezza luna e poi di nuovo su se stessi, a formare un triangolo. 

Appiattiteli quindi leggermente con il mattarello e metteteli a cuocere su una piastra calda (ma non caldissima). Fateli cuocere per un paio di minuti da un lato (fino a farli dorare) quindi ungeteli con il ghee rimanente e girateli sull’altro lato. Ungete anche l’altra superficie e terminate la cottura.


Servite lo spezzatino ancora caldo accompagnandolo con il pane.
 
Con questa ricetta partecipo all'MTChallenge n.35, lo spezzatino del blog La cucina spontanea.





mercoledì 15 gennaio 2014

SPEZZATINO DI CERVO DEL CACCIATORE CON I DUE CAPPUCCI E GLI GNOCCHI DI MAIS




Non c’è niente che mi dia l’idea di cibo primordiale quanto lo spezzatino di carne.

E io, mai come in questo periodo, sento il bisogno di primordialità. La necessità, quasi viscerale, di ritornare a quella semplicità che solo le cose primitive riescono dare, a quella povertà che le rende ricche, spogliandole di tutti gli orpelli inutili che impediscono di farne risaltare l'essenza.

Cibo comune a tutte le popolazioni del mondo e di origini antichissime, lo spezzatino nasce dall’esigenza di rendere appetibili, se non addirittura edibili, tagli di carne troppo stopposi o particolarmente fibrosi.
La lunga cottura rende la carne morbida e l’aggiunta di ortaggi o legumi di qualsiasi tipo (quello che c’è a disposizione) ne fanno un piatto unico ricco e sostanzioso nonostante la povertà dei suoi ingredienti.

E la mente parte e mi regala un sogno ad occhi aperti. Una casa nel bosco, fatta di travi di legno, poche finestre che non riescono a far da scudo al gelo invernale. Il camino è acceso, il vento ulula e fa scricchiolare le pareti, fra poco sarà buio.
Lei lo sta aspettando, cercando il calore dalla fiamma accesa e scacciando il pensiero dei lupi che si stanno avvicinando. E intanto prega per lui, affinché possa tornare presto e affinché non torni a mani vuote…
E lui finalmente torna. Non è a mani vuote ed ha una storia da raccontare.

Dimmi, buon signore
che siedi così quieto
la fine del tuo viaggio
che cosa ci portò?
Le teste maculate
di feroci tigri,
per fartene tappeto le loro pelli?
Sulle colline
fra il quarto e il quinto mese,
io, per cacciare,
da solo me ne andai.
E fu così che col cuore in gola
un agguato al daino io tendevo,
ed invece venne il cervo
che davanti a me si fermò.
E fu così che col cuore in gola
un agguato al daino io tendevo,
ed invece venne il cervo
che davanti a me si fermò.
"Piango il mio destino,
io presto morirò
ed in dono allora
a te io offrirò
queste ampie corna,
mio buon signore,
dalle mie orecchie tu potrai bere.
Un chiaro specchio
sarà per te il mio occhio,
con il mio pelo
pennelli ti farai.
Se la mia carne cibo ti sarà,
la mia pelle ti riscalderà
e sarà il mio fegato
che coraggio ti darà.
E così sarà, buon signore,
che il corpo del tuo vecchio servo
sette volte darà frutto,
sette volte fiorirà."

E così il cervo riesce a trovare un senso alla propria esistenza solo nel momento della morte, attraverso il dono di sé, assoluto ed incondizionato, all’uomo.
*************
La sfida di questo mese dell’MTC, che riparte dopo la pausa di dicembre dovuta alle festività natalizie e dopo il successo clamoroso del primo libro sul paté, andato letteralmente a ruba subito dopo la sua presentazione il 5 dicembre alla libreria Feltrinelli, alla quale ho avuto l’immenso piacere di partecipare, verte proprio sullo spezzatino. Un grazie immenso alle sorelle Calugi che, splendide vincitrici della sfida dedicata alle castagne, hanno proposto come oggetto della gara di questo mese lo spezzatino di carne, piatto che adoro proprio per quella idea di semplicità arcaica alla quale mi rimanda.

La scelta della carne di cervo non è casuale. Non esistono allevamenti intensivi di cervi. Il cervo vive allo stato brado. La sua carne è molto magra, sana e nutriente proprio perché si ciba di cose naturali.
Questo non significa che non mangio carne di manzo. Non voglio essere ipocrita. Il punto è che sempre più spesso mi interrogo su quella barbarie che sono gli allevamenti intensivi. Ecco, un manzo, un vitello, un maiale o anche un pollo, cresciuto in un allevamento intensivo e costretto a sofferenze inaudite, è un animale che ha vissuto invano, anzi, che sarebbe stato meglio non fosse vissuto affatto.
La soluzione secondo me non è il vegetarianismo, né ovviamente il consumo esclusivo di carne di animali non allevati. Il problema non è solo etico ma anche sanitario e ambientale e ciascuno di noi può nel suo piccolo fare qualcosa, privilegiando il consumo di carne di animali allevati in maniera naturale, magari allo stato brado o semibrado e nutriti con prodotti naturali.

Ecco allora la ricetta dello spezzatino del mio cervo, nato e cresciuto felice nei boschi della Slovacchia, territorio ricchissimo di selvaggina.


Di solito mi piacciono le ricette fatte di poche cose. Ma poi ci sono ricette, come questa, in cui si parte da un ingrediente e poi però bisogna aggiungere, aggiungere e ancora aggiungere, perché è il piatto stesso a richiederlo. E così è successo in questa occasione.

Prima ho marinato i bocconcini di carne nel succo di lampone, perché mi piaceva l’idea dare alla carne, tendente al dolce, non solo un po’ di acidità ma anche una nota fruttata. Al lampone, per la marinata, ho aggiunto lo jagertee (letteralmente tè del cacciatore) bevanda particolarissima che veniva consumata una volta dai cacciatori austriaci per combattere il freddo, a base di tè nero al quale viene aggiunta della grappa alla frutta, rum e varie spezie. Oggi in commercio si trova in bottiglia e deve essere diluito con acqua calda o tè. Alla parte liquida per la marinata ho aggiunto gli odori (ginepro, alloro, timo, rosmarino, salvia, chiodi di garofano, cannella), ho passato la carne nel pimento della Jamaica e l’ho messa a marinare per tre, quattro ore. Quindi l’ho rosolata in un battuto di lardo, sedano, carota e cipolla tritati finemente e poi l’ho cotta con tutta la marinata. Dopo un’ora di cottura ho aggiunto il cavolo cappuccio rosso a listarelle e i crauti (cavolo cappuccio bianco a listarelle e fermentato), in maniera tale che la dolcezza del primo e l’acidità dei secondi si bilanciassero a vicenda. Ho cotto quindi ancora per due ore (tre ore in totale) a fuoco lentissimo. Alla fine, non sapendo se aggiungere la panna acida mi sono affidata all’assaggio e mi sono resa conto che non solo ci stava benissimo (anche perché la carne di cervo è magrissima) ma anche che faceva assolutamente la differenza, conferendo una piacevole rotondità al piatto, senza coprire ma esaltando il sapore di tutti gli altri ingredienti. Come accompagnamento ho preparato degli gnocchi di mais, tipici della Slovenia dove si chiamano bulje e che di solito, pur essendo dolci, accompagnano la brovada (piatto a base di rape fermentate) o piatti di carne, soprattutto affumicata, e che vengono preparati con farina di mais e farina di frumento in parti uguali, zucchero, cannella, strutto (che io ho sostituito con del burro) un po’ d’olio, scorza di limone e uvetta, che io ho sostituito con i mirtilli rossi essiccati.

Ma ecco la ricetta.

SPEZZATINO DI CERVO DEL CACCIATORE CON I DUE CAPPUCCI
 E GNOCCHI DI MAIS


Ingredienti per quattro persone

per lo spezzatino
500 g di polpa di cervo
100 g di lamponi
½ bicchiere di liquore per jagertee (o altro liquore a scelta)
3 bacche di ginepro
1 chiodo di garofano
1 rametto di rosmarino
1 foglia di salvia
1 pizzico di cannella
1 pizzico di timo secco
1 foglia di alloro
2 cucchiaini di pimento della Jamaica
1 carota
1 cipolla
1 gambo di sedano
50 g di lardo
300 g di cavolo cappuccio rosso
150 g di crauti al naturale
100 ml di panna acida
sale

per gli gnocchi di mais
50 g di farina di mais
50 g di farina di frumento 00
30 g di mirtilli rossi essiccati
un pezzettino di scorza di limone grattugiata
1 pizzico di cannella
2 cucchiai di zucchero
1 pizzico di sale
1 noce di burro
1 cucchiaio d’olio

Preparate la marinata. Lavate i lamponi e passateli in un colino in modo tale da eliminare i semi. Metteteli in un recipiente, unite lo jagertee e le bacche di ginepro, il chiodo di garofano, il rametto di rosmarino, la foglia di salvia, la foglia di alloro, il pizzico di cannella e il pizzico di timo secco.
Tagliate le carne a bocconcini di circa 2-3 cm per lato e passatela nel pepe della Jamaica e quindi riponetela nel recipiente con tutta la marinata e lasciatevela per tre o quattro ore rigirandola di tanto in tanto.



Trascorso il tempo necessario per la marinatura della carne, preparate un battutto con il lardo tagliato a pezzettini e il sedano, la carota e la cipolla tritati finemente, fateli rosolare in un tegame di coccio e quindi unite i bocconcini di carne ben scolati dal liquido della marinatura. Fateli rosolare leggermente, quindi aggiungete il liquido della marinatura, dal quale avrete tolto le spezie e le erbe aromatiche per chiuderle in un sacchettino di garza che aggiungerete alla carne. Fate evaporare l’alcol del liquore e cominciate la cottura a fuoco lento.
Dopo un’ora di cottura, salate la carne e aggiungete le verdure. Il cavolo cappuccio lavato e tagliato a listarelle sottili e i crauti al naturale ben sgocciolati. Date una leggera mescolata al tutto, versate un bicchiere d’acqua, coprite il tegame e lasciate cuocere per altre due ore circa sempre a fuoco lento.



Nel frattempo preparate l’impasto per gli gnocchi. Lavate i mirtilli rossi e fateli rinvenire con un po’ d’acqua. Mescolate le due farine in un recipiente, aggiungete la buccia di limone, la cannella, lo zucchero, i mirtilli rossi scolati e strizzati, l’olio e il burro precedentemente fatto sciogliere. Versate sopra al composto dell’acqua bollente, tanta quanta ne basta per ottenere un composto morbido ma abbastanza sodo.
Fate bollire dell’acqua, salatela e cominciate a preparare gli gnocchi bagnandovi le mani e formando con l’impasto delle palline del diametro di circa tre cm e mettetele a mano a mano a bollire nella pentola. Fateli cuocere per circa mezz’ora facendo attenzione che non rimangano attaccati sul fondo della pentola.



Quando la carne avrà terminato la cottura e il liquido si sarà ristretto e si sarà formato un bel sughino con le verdure, togliete la garza con gli odori, aggiungete la panna acida, mescolate, fate cuocere ancora un paio di minuti quindi spegnete il fuoco.

Servite lo spezzatino ancora caldo accompagnandolo con gli gnocchi di mais.