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lunedì 17 ottobre 2016

LA VUELTA A MI MUNDO EN TRES TAPAS




Come dire: Trieste chiama Puglia, risponde Piemonte, e il cuore è anche e sempre in Spagna. Se proprio vogliamo riassumere il tema della mia partecipazione all’MTC n.60. Quella a cui non avrei dovuto proprio partecipare, causa impegni inderogabili e totalmente assorbenti. Ma c’è di mezzo Mai, ha vinto lei la gara del mese scorso, con una ricetta pazzesca, si è inventata degli gnocchi che sembrano delle cozze, che strani scherzi gioca la troppa vicinanza con un pugliese, io ne so qualcosa. E quando c’è di mezzo lei io non mi posso proprio tirare indietro, il suo mtc non potevo lasciarmelo scappare. Oltretutto si parla di tapas e non appena l’ho saputo sono stata presa dal sacro fuego del tapeo. E’ inutile che ripeta per la milionesima volta (e poi sono stufa ultimamente delle parole) quanto io adori la Spagna e di come il mio soggiorno spagnolo abbia inciso così tanto nella mia vita da farmi essere sicuramente molto diversa da quella che sarei stata se non lo avessi vissuto. E’ inutile che spieghi che cosa sono le tapas, ormai lo sanno tutti, anche se fuori dalla Spagna si tende a ridurle a semplice stuzzichino da aperitivo. L’ir de tapeo è molto di più, è un modo di vivere la strada, è un divertirsi itinerante, è un mangiare e bere muovendosi da un posto all’altro, parlando, parlando, parlando, ballando,cantando, urlando, ridendo.
Per te Mai, ho cercato di ridurre in tapas alcuni dei piatti più rappresentativi dei posti a me più cari. Sono nate così tre tapas un po’ particolari, che hanno tutte qualcosa in comune anche con la Spagna. Il montadito in savor (un savor un po’ rivisto e ingentilito) è un omaggio a Trieste, città in cui vivo, ma potrebbe anche essere una variante dei boquerones en vinagre, visto che ci sono le alici e c’è il savor, a base di aceto. Poi ci sono le pittule, omaggio alla Puglia e al Salento, con un ripieno un po’ inconsueto, gamberi e zucchine e una salsetta all’aglio un po’ piccante, che possono ricordare una delle mie tapas preferite, i gambas al ajillo. Infine il brasato al barolo, omaggio alla terra in cui son nata, declinato in tapa, un cubetto di carne brasata con verdure e vino rosso, che mi porta con la mente al rabo de toro.
Insomma, tanta Italia ma tanta Spagna, siamo cugini, così diversi ma così profondamente uguali.




MONTADITO DE BOQUERONES EN SAVOR
200 g di acciughe
farina 0 per infarinare le acciughe
olio extravergine d’oliva abbondante per friggere
1 cipolla
1 carota
1 foglia d’alloro
½ bicchiere di vino bianco secco
3 cucchiai di aceto di mele
1 cucchiaio di uva passa
1 cucchiaio di maionese
1 baguette
sale e pepe

Pulite le acciughe togliendo la testa e le interiora, infarinatele leggermente e friggetele in abbondante olio d’oliva extravergine. Scolate dall’olio in eccesso, salatele e mettetele da parte. Prelevate un po’ dell’olio utilizzato per friggerle, mettetelo in un tegame e fatevi appassire a fuoco lento la cipolla e la carota tagliate a rondelle, aggiungete la foglia d’alloro, il sale, il pepe, l’uva passa, il vino e l’aceto, fate sobbollire qualche minuto facendo ridurre un po’ il liquido, ma non del tutto, quindi versate il tutto sopra le alici, riponetele in frigo e fate riposare per almeno un giorno.
Separate le alici dal condimento, levate loro la lisca centrale, tritate grossolanamente la carota e la cipolla e aggiungete la maionese. Tagliate la baguette a fette, mettete su ciascuna fetta le verdure e sopra due acciughe con un acino d’uva passa al centro.


PINCHO DE PITTULE GAMBAS Y CALABACINES CON SALSA AL AJILLO PICANTE
150 g di farina 0
1 punta di un cucchiaino di lievito di birra disidratato
1 pizzico di sale
7 code di gambero
1 zucchina verde piccola
½ tazzina di Cognac
1 pizzico di scorza di limone grattugiata
100 g di yogurt greco
½ spicchio d’aglio
peperoncino piccante in polvere a gusto (Mai tu non metterlo mi raccomando J)
pimentòn dulce la punta di un cucchiaino
sale
abbondante olio extravergine d’oliva per friggere

Preparate l’impasto per le pittule. Mescolate la farina con il lievito in un recipiente, aggiungete a poco a poco l’acqua continuando a impastare con una mano, sbattendo l’impasto sui bordi del recipiente per fargli incorporare aria. Aggiungete il sale, continuate ad impastare fino a quando l’impasto formerà delle piccole bollicine e avrà una consistenza leggermente più densa di una pastella. Mettetelo a lievitare per un paio d’ore.
Nel frattempo, in una padella rosolate a fuoco vivo per pochi minuti la parte verde della zucchina tagliata a piccoli cubetti, salate e mettete da parte. Nella stessa padella saltate a fuoco vivo le code di gambero precedentemente sgusciate e tagliate a piccoli cubetti, sfumatele con il cognac, salatele e unitele alle zucchine. Fate raffreddare e aggiungete la scorza di limone.
Preparate la salsa. In una padella scaldate leggermente un po’ d’olio, aggiungete il peperoncino e il pimentòn facendo attenzione a non scaldarli troppo perché prenderebbero un sapore amaro. Spegnete subito il fuoco, mescolate l’olio aromatizzato ottenuto allo yogurt greco, all’aglio pestato e a un pizzico di sale.
Una volta lievitato l’impasto, aggiungete i gamberi e le zucchine, amalgamate il tutto, fate riposare nuovamente per una decina di minuti, scaldate nel frattempo l’olio e poi friggete l’impasto facendolo cadere nell’olio con l’aiuto di un cucchiaino, scolate le pittule e infilzatele negli spiedini. Servitele calde accompagnandole con la salsa.


TAPA AL BAROLO

800 g di carne di manzo (io uso il cappello del prete)
50 g di pancetta
50 g di burro (meglio se chiarificato)
1 bottiglia di Barolo
2 o 3 carote
2 coste di sedano
1 cipolla
1 rametto di rosmarino
3 chiodi di garofano
1 pizzico di timo
1 spicchio d’aglio
1 foglia di alloro
1 pezzetto di cannella
3 grani di pepe nero
una spruzzata di brandy
1 cucchiaio di farina
sale
3 patate
1 noce di burro
1 tazzina circa di latte
Lardellate la carne con qualche listarella di pancetta e mettetela in una terrina con le carote, il sedano e la cipolla tagliati a pezzetti e un sacchettino di garza contenente tutte le spezie. Versate sopra la carne il Barolo, coprite il recipiente e lasciate marinare in un luogo fresco (non in frigo) per una giornata (dalle 12 alle 24 ore) girando la carne un paio di volte. Fate sciogliere il burro in una casseruola e soffriggetevi leggermente la restante pancetta tritata, quindi rosolatevi la carne precedentemente scolata dalla marinatura, asciugata e leggermente infarinata. Quando la carne sarà ben rosolata su tutti i lati copritela con la marinata e portate a bollore.
Dopo una decina di minuti togliete il sacchettino con le spezie, salate, coprite la casseruola e portate a cottura a fuoco lento, ci vorranno almeno un paio d’ore.
Una volta terminata la cottura, togliete la carne dalla casseruola e tenetela al caldo. Nel frattempo passate il sugo al setaccio (si può anche semplicemente frullare), rimettetelo sul fuoco, fatelo addensare, regolatelo di sale se necessario, spruzzatelo con il brandy e fatelo bollire per qualche minuto.
Tagliate dal pezzo di carne (il resto non buttatelo eh! :))) una fetta spessa circa tre centimetri e ricavatene dei cubetti. Disponete un cubetto in ogni piattino, nappatelo con la salsa e disponete sopra ciascun cubetto un ciuffo di purè, aiutandovi con un sac a poche, preparato con le patate lesse, il burro e il latte e leggermente fiammeggiato con un cannello.

Con questa ricetta partecipo all'MTC n. 60, le tapas di Mai del blog il Colore della Curcuma.
 



 

venerdì 17 maggio 2013

PATATAS BRAVAS



Se devo pensare a un piatto che mi ricorda il periodo in cui ho vissuto in Spagna mi vengono subito in mente le patatas bravas. A casa con le coinquiline spagnole si facevano molti esperimenti in cucina e vai con la paella, il cocido madrileño, le tortillas, i garbanzos, i churros etc. etc.. Ma non potrò mai dimenticare quel localino in Calle Mayor, ad Alcalá de Henares, che si chiamava Las cuadras de Rocinante (le stalle di Ronzinante). Tenendo presente che Ronzinante era il cavallo di Don Chisciotte, mai nome fu più azzeccato visto che il ristorante si trova quasi di fronte alla casa che nel 1547 diede i natali a Miguel de Cervantes.
Sono andata a vedere sul web, il ristorante c’è ancora ed è uguale a come me lo ricordavo, nulla è cambiato nonostante siano ormai passati molti anni.

Le patatas bravas rimarranno per sempre il simbolo della spensieratezza che si respirava in quel ristorantino fumoso frequentato oltre che dagli alcalaínos anche da studenti provenienti da tutta Europa. Si rideva, si scherzava, si parlava di sogni e anche attraverso la cucina tipica si entrava in contatto con un mondo nuovo.
Successivamente, in occasione di altri viaggi in Spagna, ho avuto modo di assaggiare più volte le patatas bravas in vari posti, infatti si tratta di una delle tapas più famose e conosciute di tutta la Spagna. Le ho viste fare in mille modi diversi (alcuni mescolano addirittura la salsa brava con la salsa alioli) ma mai da nessuna parte ho ritrovato quelle di Alcalá. Con questa ricetta ho cercato di riprodurne il sapore.

In realtà non si tratta proprio di una ricetta. Le patate solitamente vengono fritte, mentre io le ho semplicemente saltate in padella con poco olio. Il segreto per farle venire quasi come se fossero fritte è quello di girarle molto spesso affinché si dorino uniformemente. E poi si ricoprono con la salsa brava, che ha mille varianti, forse tante quanti sono gli spagnoli. Sembra una ricetta banale, ma in realtà il risultato può essere pessimo o eccezionale a seconda della riuscita della salsa che deve avere un equilibrio particolare per potersi sposare al meglio con le patate.

Ah…un’ultima cosa. La parola bravo fa parte di quella categoria di parole denominate “falsi amici”, cioè quelle parole che pur essendo uguali in due lingue diverse hanno significati totalmente distinti. In spagnolo infatti bravo significa feroce, selvaggio, infuriato e queste patate, feroci, infuriate e selvagge lo sono veramente per quanto sono piccanti. Ma si possono fare anche meno infuocate, basta diminuire o eliminare il peperoncino.

 PATATAS BRAVAS


Ingredienti per quattro persone

4 patate
200 g di polpa di pomodoro
½ cipolla bianca
1 peperoncino piccante fresco
1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva
sale
3 cucchiaini di zucchero
1 cucchiaio di aceto

Preparate la salsa brava.
Versate l’olio in un tegame e fatevi appassire a fuoco dolce la cipolla e il peperoncino tritati finemente. Quindi alzate il fuoco e aggiungete la polpa di pomodoro. Salate e fate cuocere a fuoco vivace per circa un quarto d’ora, fino a quando la salsa si sarà ristretta per bene. A questo punto aggiungete lo zucchero e l’aceto, fate evaporare e cuocete per altri due minuti.
Fate raffreddare la salsa e quindi frullatela aggiungendo un po’ d’acqua, quanta ne sarà necessaria per ottenere una salsa abbastanza fluida ma non troppo liquida.

Preparate le patate. 
Sbucciatele, pulitele e tagliatele a pezzetti abbastanza grossi. Friggetele in abbondante olio caldo (io in realtà le ho saltate in padella con poco olio girandole spesso per farle colorire uniformemente) fino a quando saranno colorate fuori e tenere dentro.
Scolatele dall’olio, mettetele in un piatto e versateci sopra la salsa brava.

Con questa ricetta partecipo al contest della carissima Ale del blog Dolcemente inventando.



lunedì 30 luglio 2012

LA RIOJA, IL VINO E LAS PATATAS ALIOLI



La Rioja è una delle più piccole comunità autonome della Spagna e si trova a sud dei Paesi Baschi. È attraversata dal fiume Ebro e da un suo affluente, il fiume Oja (in spagnolo rio Oja), dal quale prende il nome.

È una regione bellissima, ricca di contrasti e di colori. Lo sguardo di perde nelle sue valli, le sue pianure e le sue colline, nella sua terra color ocra spezzata dal verde intenso delle viti e dall'oro del grano maturo.

mercoledì 25 luglio 2012

SARAGOZZA, LA TORTILLA DI PATATE E LO SLOW TRAVEL



Quando si lascia Barcellona e la costa mediterranea per dirigersi verso l’interno, si abbandona quella parte di Spagna più cosmopolita, la Catalogna, vera e propria nazione nella nazione, per addentrarsi in Aragona, regione orgogliosamente castigliana ed ancorata alle tradizioni.

Il paesaggio cambia e si ha finalmente la sensazione di essere giunti nella Spagna del nostro immaginario, in un mondo fuori dal tempo, in cui si respira il passato.
 

Saragozza si trova un po’ al di fuori dalle solite rotte turistiche, situata quasi a metà strada tra Barcellona e Madrid è difficile sia capitarci per caso che andarci di proposito, proprio perché lontana dalle località più battute.

Il bello degli spostamenti in macchina è proprio questo. Lo scopo del viaggio non è raggiungere la meta bensì  il viaggio stesso, l’attraversare posti sconosciuti ai più, muoversi lentamente, aprire il finestrino e respirare la stessa aria che respira chi in quel posto ci vive. Fermarsi dove si sente un richiamo.

La sensazione è quella di afferrare quel qualcosa di essenziale che di solito sfugge al turista frettoloso, troppo intento a rimbalzare con l’aereo da un capo all’altro del mondo, con il senso di estraneità che accompagna chi di solito macina migliaia di chilometri in poche ore.

Io in un posto mi sento “arrivata” soltanto quando ho dovuto affrontare un percorso per giungerci.

Saragozza ha il suo fascino, con il suo fiume Ebro, i monumenti mudéjar - stile cristiano ma con elementi arabi - e la maestosa basilica barocca di Nuestra Señora del Pilar, sorta nel corso dei secoli attorno alla piccola cappella che nel 40 d.C. l’apostolo Giacomo fece costruire attorno al pilar (pilastro) dove si narra gli fosse apparsa la Vergine Maria e dove si possono ammirare alcuni affreschi del Goya.
 



Dalla vastissima Plaza del Pilar ci si addentra verso il centro della città e se i morsi della fame si fanno sentire si può fare una sosta in uno dei tanti locali che si trovano negli intricati vicoli di El Tubo, la zona che si trova tra Plaza del Pilar e Plaza de España, per concedersi un piccolo spuntino a base di montaditos annaffiandolo da una caña (birretta) ghiacciata.

I montaditos fanno parte del genere delle tapas e sono delle fettine di pane tipo baguette (o in alcuni casi dei veri paninetti) su cui vengono assemblati gli ingredienti più disparati.
Per un montadito spagnolo, che più spagnolo non si può, basta prendere una fettina di pane e piazzarci sopra un pezzo di tortilla de patatas.


La ricetta della tortilla di patate me la diede anni fa una signora di nome Meli (diminutivo di Melitina), castigliana fino al midollo, nata a Palencia e maestra in pensione, che era la proprietaria dell’appartamento in cui vivevo in affitto insieme alla mia amica Antonella e alle mie amiche spagnole Puri e Charo.

Perché per preparare una buona tortilla, mi disse, bisogna saperci fare.

TORTILLA DE PATATAS

Ingredienti
½ k di patate
1 cipolla
3 uova
abbondante olio
sale e pepe

Tagliate la cipolla a rondelle. Sbucciate le patate e tagliatele a fettine sottili ma non troppo, se no nella cottura si disfano completamente.

Versate in una padella abbondante olio extravergine d’oliva (almeno un dito), fatelo scaldare e versateci le patate e la cipolla.

Fate cuocere a fuoco vivace ma non troppo, il segreto è proprio questo, in modo tale che le patate e la cipolla cuociano quasi friggendo ma senza prendere colore. Fate cuocere fino a quando i pezzetti di patata cominceranno a disfarsi.

Togliete dalla padella le patate e la cipolla scolandole dall’olio in eccesso e fatele raffreddare.

Salate, pepate e aggiungeteci le uova. Ponete nuovamente sul fuoco la padella usata per la cottura delle verdure con un filo d’olio, fatela scaldare e versateci il composto. Fate cuocere come fosse una frittata, giratela aiutandovi con un coperchio e cuocete pure l’altro lato.

Se non la servite a fettine su un pezzo di pane, mettetela, come si fa di consueto, in un piatto rotondo e tagliata a cubetti.
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Colgo l'occasione per ringraziare Ambra del blog Il Gattoghiotto e Claudia del blog VerdeCardamomo per  avermi assegnato la vittoria al loro bellissimo contest sull'Istria.