Caro Carlo,
partiamo subito da una premessa,
a scanso di equivoci: trovo che tu sia molto bravo come chef e ti trovo anche molto simpatico, ironico e pure belloccio e
detto dalla sottoscritta, a cui non piace né Brad Pitt né Raoul Bova né George
Clooney, significherà pur qualcosa.
Nonostante quanto sopra, ti devo
confessare che purtroppo mi hai (quasi) rovinato il sabato pomeriggio.
Nella mia libreria ha trovato
posto già da un po’ il tuo libro “Se vuoi fare il figo usa lo scalogno” che,
nonostante abbia sfogliato e letto più volte, fino a ieri ancora non avevo testato.
Devo ammettere che nonostante il titolo, che non mi piace affatto, leggendo le
tue ricette e i tuoi trucchetti sono rimasta piacevolmente sorpresa. In
effetti ci sono alcuni consigli che possono risultare utili.
Finalmente ieri, piena di
entusiasmo e complice la temperatura vicina allo zero con la bora a cento
all’ora (le tende del soggiorno venivano mosse da spifferi gelidi nonostante le doppie finestre) che mi ha tenuto dentro casa, ho deciso di
cimentarmi con una tua ricetta.
Nel libro suddividi le
ricette in tre livelli, secondo la difficoltà di esecuzione. Ok, è vero, io
sono subito partita dal secondo livello, però a mia discolpa devo dire che sotto
al titolo sulla copertina del tuo libro c’è scritto “Dalla pratica alla
grammatica: imparare a cucinare in 60 ricette” e posto che ritengo di sapere
già cucinare un pochettino, credevo di non trovare grosse difficoltà
nell’affrontare una ricetta del secondo livello.
Ma mi sbagliavo.