Difficile farsi conoscere nella
vita di tutti i giorni. Molto più difficile farsi conoscere attraverso il web. Dove
tutto è troppo veloce e il contatto è fatto solo di parole senza suoni né odori.
E di parole a volte ne bastano due, messe lì per caso, per essere fraintesi. E
poi non c’è tempo per approfondire, per capire…
Eppure è possibile stringere
delle amicizie. Me ne sto rendendo conto ultimamente, attraverso l’affetto e la
stima che ho ricevuto da care amiche conosciute grazie a questo blog. Mi hanno
riempito di parole bellissime e mi hanno fatto commuovere.
L’
MTC ha un ruolo fondamentale in
tutto ciò, mi rendo conto sempre più che è come una grande famiglia, fatta di
persone che sono accomunate non solo dalla stessa passione per il cibo e per la
cucina, ma anche dallo stesso spirito e dallo stesso modo di prendere la vita.
Qualcuno, qualche tempo fa, ha
raccontato di gite scolastiche e di quelli che stavano seduti in fondo al
pullman a cantare e a fare le imitazioni dei professori. Io, che ero una di
quelli, ho trovato il paragone con i partecipanti all’mtc molto efficace e mi
ha fatto riflettere sul fatto che questo gioco mi ha consentito di riappropriarmi di
quello spirito di gruppo da scuola superiore che pensavo perduto per sempre.
E forse è proprio per questo
entusiasmo che trovo ogni volta il coraggio per buttarmi a capofitto in una
nuova ricetta, facendo spesso dei salti mortali nel vuoto. Come in questa
occasione. In cui, non so nemmeno io come, ho pensato bene di affrontare un
mostro sacro come la cucina giapponese.
Spero che
Acquaviva mi perdonerà,
in fondo è tutta colpa sua. Mi ha dato il la e io sono partita, non ho
riflettuto molto. Ciò non significa che non mi sia resa conto del rischio che
correvo. La cucina giapponese è fatta di sacralità, ma in fin dei conti
qualsiasi cucina lo è se si riflette bene sul significato del cibo, sull’origine
delle ricette, sulla storia dei piatti, sui legami che vari alimenti possono
avere in giro per il mondo. Insomma, anche se mi sono fatta trasportare lontano
non ho preso alla leggera ciò che stavo facendo.
Ho reinterpretato a modo mio il
sushi e ho cercato di farlo con molta umiltà. Ho fatto degli
uramaki, che
sono quei rotolini fatti con l’alga nori ma con il riso all’esterno. Ho usato
del riso originario facendo uno leggero strato esterno con del riso ermes
integrale 100% italiano (anzi, colgo l’occasione per ringraziare
Ecorì che me
lo ha fornito, ci saranno occasioni in futuro per parlarne in maniera più
approfondita) che ha conferito ai maki una consistenza diversa. Il riso
originario è stato cotto per assorbimento, come illustrato da Acquaviva, in un
brodo preparato con una carota, del porro e del pepe di Sichuan, condito
successivamente con del succo d’arancia e dell’aceto di riso. Il riso ermes
invece è stato fatto cuocere esclusivamente con dell’acqua perché volevo che
mantenesse integro tutto il suo sapore. All’interno dei maki ho messo del
dentice crudo, insieme a carote, zucchine, una strisciolina di porro e dei semi
di papavero. E all’interno ho inserito un leggero strato di una pasta ideata
per sostituire il
wasabi, preparata
con un pezzo della carota utilizzata per fare il brodo, un pezzo di rafano
crudo (da cotto perderebbe tutto il suo sapore e la sua piccantezza) e delle scorze
di arancia che ho fatto prima candire per dare una nota di dolcezza, il tutto
tritato finemente. Infine, per accompagnare i maki ho pensato a una salsa fatta
con succo d’arancia e soia in cui stemperare un po’ della pasta di rafano,
carote e scorza d’arancia.
E poi, già che c’ero, con gli
stessi ingredienti ho fatto anche dei futomaki
o hosomaki, non so, dovrebbe essere
una questione di dimensioni anche se entrambi hanno l’alga nori all’esterno e
pure dei nigiri con il dentice.
Per quanto riguarda il pesce, ho
utilizzato un dentice rosso freschissimo, ho preso quello che c’era di meglio
in pescheria. Nonostante fosse davvero molto fresco, per scongiurare il
pericolo dell’anisakis (che dovrebbe insorgere solo se il pesce è stato pescato
da un po’) l’ho pulito, sfilettato e tenuto nel congelatore per una settimana
prima di utilizzarlo.
SUSHI DI DENTICE, CAROTE E
ZUCCHINE
CON PASTA DI RAFANO E ARANCIA CANDITA
Ingredienti per una trentina di pezzi tra maki e nigiri
per il riso
250 g di riso originario
30 g di riso ermes
1 carota
½ porro
1 cucchiaino di pepe di Sichuan
4 cucchiai di succo d’arancia
1 cucchiaio di aceto di riso
½ cucchiaino di sale
per la pasta di rafano, carote
e arancia candita
40 g della carota utilizzata per
cuocere il riso
10 g di rafano sbucciato e pulito
3 striscioline di scorza d’arancia
candita
zucchero (per candire la scorza d’arancia)
per il ripieno
1 dentice (io ho utilizzato un
dentice rosso) di circa 300-400 g eviscerato, sfilettato e privato della pelle
1 zucchina
1 carota
un pezzettino di porro tagliato
per la lunghezza
una spolverata di semi di
papavero
3 fogli di alga nori tagliati a
metà
per accompagnare
salsa di soia leggera
succo d’arancia
pasta al rafano
Preparate il riso.
Cuocete il riso ermes. Mettetelo
in una pentola con una quantità di acqua pari al doppio del suo volume. Portate
a ebollizione, quindi incoperchiate e fate cuocere a fuoco lento per circa mezz’ora.
Una volta cotto, trasferitelo in una ciotola e fatelo raffreddare.
In una pentola mettete ½ litro d’acqua,
una carota, ½ porro e portate ad ebollizione. Fate bollire cinque minuti quindi
spegnete il fuoco, aggiungete il pepe di Sichuan pestato e fate raffreddare.
Nel frattempo procedete con la
preparazione del riso originario. In corsivo le dettagliate spiegazioni di
Acquaviva.
Versare il riso in una ciotola capace, coprire con circa il doppio di acqua
fredda e “sprimacciarlo” tra le dita e roteandolo nell'acqua e massaggiandolo
per circa un minuto, fino a che l’acqua risulta praticamente bianca. Versare in
un colino, sciacquare sotto un getto gentile di acqua corrente, rimettere il
riso nella ciotola lavata e ripetere lo stesso procedimento per altre tre o
quattro volte, fino a che l’acqua è chiara.
Versare di nuovo il riso sciacquato nella ciotola lavata, riempire con
abbondante acqua, che dovrebbe a questo punto rimanere limpida, e lasciar
riposare il riso a mollo dai 20 ai 40 minuti: Scolare e sciacquare di nuovo
bene il riso, versarlo in una pentola di acciaio dal fondo spesso (oppure in un
tegame di terracotta smaltata giapponese) proporzionata alla quantità di riso.
Aquesto punto, versate sopra al riso
il brodo precedentemente preparato e fatto raffreddare in una quantità pari al
volume del riso o poco più (che superi il riso di circa 2 centimetri).
Quando l’acqua bolle coprire la pentola con un coperchio pesante, meglio se
avvolto in un panno in modo che il tegame sia quasi sigillato ed il telo
assorba le gocce di vapore ed eviti che ricadano sul riso dal coperchio),
abbassare la fiamma e lasciar cuocere senza mai aprire per 10 minuti. Se si usa
riso integrale va cotto 25/30 minuti.
Spegnere e, sempre senza aprire, lasciar riposare per altri 10 minuti.
Quando si scoperchia il riso deve risultare morbido e lucido.
In un pentolino fate scaldare velocemente l’aceto di riso con il sale,
fate sciogliere bene e fatelo raffreddare, quindi unitelo al succo d’arancia.
Appena il riso è cotto, trasferitelo su un piano di legno o in una
grande ciotola dal fondo piatto e versatevi sopra il succo d’arancia e l’aceto
di riso e con un cucchiaio di legno a spatola bagnato mescolate il riso dal
basso verso l’alto e dai lati verso il centro con grande delicatezza, fino a
che il riso si è quasi totalmente raffreddato, si è profumato in modo uniforme
ed i chicchi sono lucidi.
Aiuta a raffreddare eseguire l'operazione
all'aperto oppure puntare sul riso l’aria fredda di un phon. Tenere il riso
coperto con un panno umido perché il su-meshi
(riso condito) non si asciughi.
Preparate la pasta di rafano,
carote e arancia candita.
Prendete la buccia di ½ arancia
non trattata, lavatela e tagliatela a striscioline di circa ½ centimetro di
larghezza. Mettetele in un pentolino coperte d’acqua e portate a ebollizione.
Scolatele e ripetete l’operazione per tre volte. Mettetele quindi in un pentolino
con la stessa quantità di acqua e di zucchero. Fate cuocere a fuoco lento e
toglietele quando il liquido si sarà consumato ma poco prima che lo zucchero
cominci a caramellare. Fatele scolare su una gratella e fatele raffreddare.
Tritate molto finemente il
rafano, la carota e tre striscioline di arancia candita e mettete da parte la
pasta così ottenuta.
Preparate il ripieno per i maki.
Prendete i filetti di dentice.
Dalla parte più spessa ricavate delle fettine sottili e di circa 3 centimetri
per 5 che vi serviranno per i nigiri.
Dal resto dei filetti ricavate delle striscioline spesse circa 1 centimetro che
vi serviranno per i maki.
Pulite e tagliate la carota in
strisce lunghe e dello spessore di circa un centimetro.
Pulite e lavate le zucchine,
eliminate la parte bianca centrale e tagliate la parte verde in strisce lunghe
e dello spessore di circa un centimetro.
Sbollentate velocemente le strisce
di carota e di zucchina in acqua bollente per un paio di minuti in modo tale da
ammorbidirle un po’ ma lasciandole “croccanti”.
Pulite e lavate il porro,
tagliatelo in striscioline lunghe e sottilissime.
Preparate gli uramaki.
Stendete un foglio di alga nori
con la parte lucida verso il basso sull’apposito tappetino di bambù per sushi
il makisu. Bagnatevi le mani con un
po’ d’acqua e aceto di riso prima di prelevare il riso per fare in modo che non
si appiccichi alle mani. Stendete il riso originario sull’alga nori facendo uno
strato uniforme, premendo un po’ per compattare il riso ma non troppo.
Disponete un po’ di chicchi di riso ermes sul riso originario. Capovolgete il
foglio di alga nori sul tappetino di bambù. Io mi sono aiutata con un foglio di
pellicola che ho appoggiato sul tappetino prima di girare il foglio di alga, in
modo tale che il riso rimanesse a contatto con la pellicola. Spalmate sull’alga
nori un po’ di pasta di rafano, carote ed arancia candita e disponete sopra di
essa nel centro e per il lato lungo una striscia di carota, una striscia di
zucchina, una strisciolina di porro e una striscia di pesce. Spolverate con un
pizzico di semi di papavero e con l’aiuto del tappetino di bambù arrotolate il
tutto.
Tagliate i maki con un coltello
molto affilato che dovrete pulire e bagnare prima di ogni taglio. Tagliate il
rotolo prima a metà, poi affiancate le due metà e tagliatele in tre o quattro
pezzi, in maniera tale da ricavare dei rotolini dell’altezza di circa 2,5
centimetri. A mano a mano che procedete conservate i maki in frigo.
Preparate i futomaki.
Stendete il foglio di alga nori sul
tappetino di bambù con la parte lucida verso il basso. Disponete il riso come
per gli uramaki sull’alga, facendo attenzione a lasciare scoperto uno dei lati
lunghi dell’alga per circa 1,5 centimetri. Spalmate sul riso un po’ di pasta al
rafano. Adagiate al centro per il lato lungo una striscia di carota, una di
zucchina, una di porro e una di pesce. Aiutandovi con il tappetino di bambù
arrotolate il tutto. Tagliate i maki con un coltello molto affilato che dovrete
pulire e bagnare prima di ogni taglio. Tagliate il rotolo prima a metà, poi
affiancate le due metà e tagliatele in tre o quattro pezzi, in maniera tale da
ricavare dei rotolini dell’altezza di circa 2,5 centimetri. A mano a mano che
procedete conservate i maki in frigo.
Preparate i nigiri sushi.
Prelevate una quantità di circa
due cucchiai di riso, sempre bagnandovi le mani, e formate la classica forma
del nigiri, compattandolo tra le
mani. Per la loro preparazione c’è tutta un’arte (ma come anche per i maki), ci
sono persone che studiano anni per poter apprendere la tecnica esatta, dare la
giusta compattezza al riso, che non si deve sfaldare quando lo si prende con le
bacchette ma nemmeno essere troppo compatto, oltre al fatto che deve avere una
forma perfetta. Io, ovviamente, ho fatto quello che ho potuto :)
Spalmate un velo di pasta al
rafano sul riso e adagiatevi sopra una fettina di pesce.
Per completare.
Mescolate il succo d’arancia e la
salsa di soia a piacere e servite la salsa ottenuta in ciotoline individuali accompagnando
il sushi con un po’ di pasta di rafano da stemperare all’interno.